martedì 22 settembre 2009

LA POESIA DEL GIORNO 8


FERNANDO PESSOA



L'immagine è tratta dal sito: http://www.somosportugueses.com/
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A me dall'alto infinito è toccata
questa vita. Attraverso dense nebbie,
primi fumi del mio stesso eremo,
venni acquistando, e per bizzarri riti


d'ombra e di luce occasionale, e gridi
vaghi da lungi, e sintomi caduchi
di sconosciuto rimpianto, splendori
del divino, quest'esser fosco ed esule...


Cadde pioggia in passati dì ch'io fui.
Ci furon campi d'imminente cielo
e neve su alcunché d'anima e mio.

All'ombra mi narrai, ma non ascoltato.
Oggi mi so il deserto ove Dio tenne
un tempo la dimora dell'oblio...

Non so, nutrice, dove fu,
mai lo saprò...
So che era primavera
e il giardino del re...
(Figlia, chi lo sapesse!...)


Quale e quanto l'azzurro
in quell'azzurro del cielo!
Se la regina non ero,
perché tutto era mio?
(Figlia, chi l'indovina?)


E il giardino aveva fiori
che non so ricordare...
Fiori in tanti colori...
Penso e mi fermo a piangere...
(Figlia, i sogni sono dolori...)


Sarà che arrivi un bel giorno
un qualcosa a far sì
che quell'intera gioia
nasca più gioia
(Figlia, il resto è morire...)


Narrami favole, nutrice...
Tutte le favole sono
quel giorno, e il giardino e la dama
che fui in tale solitudine...


Sùbita mano di un fantama occulto
mi scuote fra le pieghe della notte
e del mio sonno e, desto, nell'arbitrio
della notte non scorgo gesto o volto.


Pure un terrore antico, che insepolto
porto nel cuore, come da alto trono
scende e s'afferma mio signore e padrone
senza comando, né maneggio o insulto.


E sento la mia vita di repente
legata da una corda d'Incosciente
a una mano notturna che mi guida.


Non mi sento nessuno salvo un'ombra
di figura non vista e che stupisce,
e in nulla esisto come fredda tenebra.



Da "Stazioni della Via Crucis", da "Poesie scelte", ed. Passigli, a cura di Luigi Panarese.

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