IL PESO DEL CIAO, di Francesco Forlani
Discutiamo
di poesia con Francesco Forlani, in
occasione della pubblicazione della sua silloge intitolata “Il peso del
Ciao” (edita da “L’arcolaio”)
- Partiamo da qui: cos’è la poesia per Francesco Forlani?
Quando a Paul Celan, nel 1960, fu dato il Premio Büchner. tenne un discorso dal
titolo “II meridiano”, in cui il poeta si interroga sul significato della
poesia. Si trova in un libro pubblicato da Einaudi e che considero un vademecum
per chiunque si avvicini alla poesia, innanzitutto come lettore e poi come
autore; si intitola La verità della poesia. A parte il concetto guida,
quello proprio del meridiano che pur non essendo un luogo, è indispensabile per
tracciare una vera e propria cartografia dell’anima, il luogo per eccellenza
della poesia, il deposito dei sogni, quello che mi aveva colpito di più era il
fatto che tutto il suo discorso fosse punteggiato in almeno una ventina di
passaggi da espressioni come forse, può darsi, credo, ma qui vado a
memoria. Quel tentennamento svelava la propria inadeguatezza ma insieme
l’inadeguatezza di qualsiasi punto di vista assertivo, insomma di un pensiero
che dica una volta e per tutte: ecco la poesia è questo. Se dovessi usare
un’immagine certamente utilizzerei quella che un amico ancor più che poeta
stimatissimo, Petr Král mi diede un giorno in un bistrot a Parigi per
raccontarmi la sua esperienza dell’esilio. Profugo come Milan Kundera, Věra
Linhartová, dalla Praga assediata dai russi alla fine degli anni Sessanta, mi
raccontò del giorno che poté fare ritorno nel suo paese. Qualche tempo dopo la
rivoluzione di velluto era tornato in città e l’aveva ricartografata rifacendo
gli itinerari della passata giovinezza. “Era come se seguissi le mie stesse
orme, visibili sul selciato. Però quando vi appoggiavo il piede, quasi per via
della polvere accumulata in tutto quel periodo di assenza, il passo scartava
leggermente di lato.” mi raccontò. Ecco, per me la poesia, è il racconto di
quello scarto, di questo scivolamento leggero, a volte perfino comico che di
colpo crea uno spazio supplementare a metà tra l’esperienza originaria e il
ricordo, la memoria poetica che ti fa rivivere quell’esperienza.
- Vivi tra l’Italia e la Francia? Che ruolo ha la poesia nell’ambito dei
due sistemi culturali nazionali? Quali, a tuo avviso, le analogie e le
differenze?
Qualche tempo fa un amico con piglio ironico e assai
lucido mi confessò che non capiva quanti mettessero come me nella propria nota
biografica, vive tra una città e un’altra: Che significa? Aveva ragione e così
gli risposi, ironicamente, che vivere tra la Francia e l’Italia può significare
due cose, o Modane o Bardonecchia, a seconda che si sia più in un territorio e
in una lingua, o in un’altro. Vivo a Torino dopo aver vissuto per quasi
vent’anni a Parigi. Come se non bastasse l’ibridazione meridionale a nord,
aggiungerei che insegno filosofia, in francese, al Liceo francese Jean Giono.
Questa sospensione territoriale e linguistica significa avere un punto di vista
privilegiato sui due paesaggi. Tra l’Italia e la Francia ultimamente, per
fortuna, grazie al lavoro importante svolto da poeti e traduttori come Andrea
Inglese e Andrea Raos, o case editrici come La Camera verde di Andrea
Semerano con gli instancabili Marco Giovenale, Michele Zaffarano, è stato fatto
un lavoro importante di reciprocità con la poesia francese. Se dovessi
suggerire due esperienze per segnare la differenza tra i due paesi potrei
limitarmi a due considerazioni: la prima è la presenza in ogni libreria
francese di una sezione importante dedicata alla poesia, cosa che devo dire non
è affatto scontato in Italia. L’altra è la manifestazione ormai giunta alla 31a
edizione del Marché de la Poésie il cui presidente è Serge Pey, un poeta
performer che letteralmente adoro. Fermiamoci un attimo proprio sulla dicitura,
mercato della poesia, ovvero quanto di più paradossale si possa dire per un
genere considerato come una cenerentola delle lettere. Se a questo si aggiunge
che molti romanzieri, dunque anche nella narrativa, si vedono rifiutare lavori
di grande qualità per la ragione accampata da molti editori, di non mercato,
capisci subito la differenza tra un paese con cultura e comunità letteraria, la
Francia, e un paese come il nostro dove più che di comunità si dovrebbe parlare
di cooperative. In Italia mi sentirei di segnalare il bellissimo lavoro della Casa della
Poesia di Sergio Iagulli
e consorte a Baronissi con un archivio
sonoro e multimediale veramente importante per la poesia contemporanea, per non
parlare dei festival, dei premi che si organizzano nei due paesi. A tale
proposito vale la pena segnalare il bell’intervento di Lello Voce sulle nuove forme della poesia in Italia,
intervistato da Andrea Inglese. Sicuramente
un contributo importante in Italia alla poesia lo hanno dato i blog e penso a Francesco
Marotta a Poetarum Silva
animato tra gli altri da Natalia Castaldi,
alla Poesia e lo spirito con l’eroico Fabrizio Centofanti e il poeta che mi è
molto caro Carmine Vitale e a
tantissimi e tantissime che si fanno un culo pazzesco ottenendo dei risultati
in termini di critica e diffusione davvero importanti.
- Come nasce questa tua silloge intitolata “Il peso del Ciao”?
Come sai la mia attività letteraria è principalmente
narrativa e rivistaiola. In questi anni ho lavorato soprattutto con Camera
verde per dei libri che sono scritture un po’ fuori dalle facili
classificazioni ma sicuramente con una matrice poetica, sperimentale, di cui
sono molto fiero. Un libro di poesie diciamo più semplicemente di poesie non lo
pubblicavo dalla fine degli anni ottanta. Si intitolava ?dove finisce il mare,
pubblicato in un volumetto edito da Il delfino di Napoli con una
prefazione di un mio coetaneo, avevamo vent’anni, Giancarlo Alfano diventato un
eccellente critico, sicuramente con Andrea Cortellessa tra i più “attrezzati”
in Italia. Era passato un tempo ragionevole, diciamo che la polvere accumulata
sulle orme giovanili rischiava di cancellare ogni traccia, per riprendere
l’immagine usata all’inizio della nostra intervista. Così ho raccolto tutte le
poesie d’amore scritte in questi anni articolandole in diverse sezioni. Si
tratta di poesie in alcuni casi antologizzate, in altri pubblicate su riviste,
alcune tradotte in altre lingue fino ad arrivare alle ultime pubblicate su
facebook.
- Su facebook?
Sì, si tratta delle due sezioni, Poesie Dora Markus, sulle gambe di una
sconosciuta e Poesie della TIM (per una ricarica telefonica). Nl primo caso
come ho scritto. è un esperimento omaggio a Eugenio Montale e soprattutto alla
sua amicizia con Bobi Bazlen che in un biglietto datato 25 settembre 1928
scrive: «Gerti e Carlo: bene. A Trieste, loro ospite, un’amica di Gerti, con
delle gambe meravigliose. Falle una poesia. Si chiama Dora Markus».
Dalla fotografia allegata Eugenio Montale ne trasse una delle sue più belle
poesie. Così avevo chiesto a chiunque di fare lo stesso e dalle fotografie
inviate, compresa una con le gambe di un tavolo, ha avuto origine questa
sezione.
Nell’altro risalgono a quest’estate. Ero a Parigi e, come spesso capita quando
si è all’estero, ero rimasto senza credito telefonico. Quando si è all’estero
se non si ha credito sul telefono si è invisibili ovvero non in grado nemmeno
di ricevere le telefonate. Così invece di chiedere come al solito a mio
fratello Thèo di provvedere alla cosa ho lanciato un SOS ricarica su FB
offrendo in cambio di una ricarica di 10 euro una poesia. Così nel giro di
un’ora tre magnifiche lettrici avevano accolto il mercato.
- Perché questo
titolo?
Il titolo è arrivato per caso, in quei fortunati casi
in cui a una parola segue immediatamente un’immagine. Avevo da poco tracciato
un bilancio della mia vita affettiva e sperimentato quello scarto, la caduta di
cui ti ho detto prima. Il Ciao era un simbolo della nostra infanzia
adolescenza, un ciclomotore assolutamente inaffidabile, rosso fiammeggiante il
cui peso da fermo si annullava in velocità al punto di farne un mezzo assai
pericoloso per la sua leggerezza. La raccolta è la mia personale cartografia all’interno
di quella che un amico poeta Massimo Rizzante, definiva l’essere sospesi tra
“l’etica della distanza ed estetica dell’abbandono”. Poi devo dire che
l’entrata in scena di Gianfranco Fabbri dell’Arcolaio è stata fondamentale.
Davvero un editore in gamba e con un vero progetto editoriale alle spalle.
- Cosa diresti ai
giovani che non hanno mai avuto modo di assaporare versi (al di là, magari,
delle esperienze scolastiche, talvolta “coercitive”) per farli innamorare della
poesia?
recentemente
con Francesca Tini Brunozzi
e insieme ad altri poeti ho partecipato alla realizzazione della serata
DIALOGHI FRA POESIA E MULTIMEDIALITÀ, che si è tenuta venerdì 19 ottobre 2012
all’Archivio di Stato di Novara, una collaborazione fra il Liceo Artistico
Statale Casorati di Novara e la Casa della Poesia di Vercelli. Ho scritto per
loro una lettera come scritta dal giovane poeta di risposta a Rilke e alla sua
celebre lettera a un giovane poeta. Il mio non più giovane poeta un po’ come
Celan ribadiva tutta la propria inadeguatezza pur avendo seguito alla lettera i
consigli del maestro nel potere asserire quanto e come la sua poesia fosse
buona. E per questo ci sono i lettori, gli unici che possono davvero
comunicarti se è valsa la pena
* * *
Francesco
Forlani è nato a Caserta nel 1967 e vive tra
Parigi e Torino. Ha collaborato e collabora a riviste come Baldus (Milano),
Atelier du Roman (Parigi), News from the Republic of letters (Boston), Reportage,
Corriere Nazionale, e attualmente dirige la rivista letteraria Sud. È presente
in rete come redattore del più importante blog letterario italiano: Nazione
Indiana Ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano, fra cui Métromorphoses
(Ed. Nicolas Philippe, 2002), Il manifesto del comunista dandy (Blu di
Prussia-Edizioni La Camera Verde, 2007), Autoreverse (Edizioni Ancora
del Mediterraneo, 2008), Chat noir (disegni di Raffaella Nappo;
Manhattan Experiment, 2010). Traduttore dal francese, di diversi autori fra cui
Fernando Arrabal, Lakis Proguidis, François Taillandier, Philippe Muray, Louis
Ferdinand Cèline, Blaise Cendrars, ha tradotto e pubblicato con Alessandra
Mosca, L’insegnamento dell’ignoranza, di Jean-Claude Michèa (Edizioni
Metauro, 2005). Ha portato in scena (Torino, Milano, Bologna, Napoli, Caserta,
Lerici) l’operetta Patrioska e Cave canem. Ha da poco pubblicato per
Lite-editions il racconto erotico, Il compasso, e con la casa editrice
L’Arcolaio, Il libro di poesie “Il peso del Ciao”.
A Febbraio 2013
uscirà per Laterza nella collana Contromano il romanzo Parigi senza passare dal via.
Conduttore insieme a Marco Fedele
del programma radiofonico Cocina Clandestina, fa parte della nazionale
scrittori Osvaldo Soriano Football Club (maglia numero 16) di cui è uscita nel
giugno 2010 l’antologia Era l’anno dei mondiali (Rizzoli-Corriere della
Sera).