Quotidiano
LA VOCE DI
ROMAGNA DEL 22 GIUGNO 2013
Articolo
di EMANUELE
PALLI
Il mondo ha bisogno più di
ogni altra cosa di risorgere. Lo intuiamo tutti quotidianamente, ma un poeta
ravennate ha messo per iscritto quest’ansia sotterranea e l’ha resa canto ed
immagine per l’inquieta e smarrita contemporaneità: la sensibilità umana e
poetica di Nevio Spadoni ha dato vita a un’opera dedicata allo stratificato
concetto di Anàstasis, quella
Resurrezione di cui Cristo ha fornito l’esempio più eclatante per incarnare un
principio di speranza sui cui innervare diversamente le nostre esistenze e
corroborarne la tempra morale e spirituale. Si tratta di una formidabile laude
in tre quadri, intitolata per l’appunto Anàstasis
(L’arcolaio, 2013).
La prima parte dell’opera
si apre sul pianto della madre per antonomasia, Maria, sotto quella croce che riflette nella sua forma e
nel suo significato i dolori del passato e del futuro, gli infiniti sacrifici
sparsi per le terre e le epoche come una pioggia di fuoco e di furore.
Il secondo quadro si
precisa in una geografia più attuale ma martoriata da drammi atavici entro
un’Africa che piange e riflette i dolori più ampi di un’umanità assediata dalla
fame, dalla povertà e dal peso di odiose tradizioni. Il continente nero si
configura come un luogo di dolori e ingiustizie sociali, di superstizioni che
tolgono alle donne ogni diritto e pratiche aberranti come l’infibulazione che
infliggono un dolore indicibile a chi deve sottoporsi a questa simbolica e
carnale sottomissione: il pianto si allarga sui drammi di un continente
infettato dalle sofferenze, in cui corpo umani si trasformano “in materia
pregiata da espianto”. L’ultimo quadro riverbera invece una luce curativa di
speranza, una salvifica iniezione di energia all’umanità: la voce del Cristo si
mescola al coro dei credenti perfezionando in questa sede poetica il messaggio
cristiano che si diffonde come un vento profumato, un alito odoroso di incenso
che risveglia e risana. Mondare, detergere, pulire e purificare sono i verbi
più frequenti in questa ultima parte e ne definiscono il campo semantico
immettendo nell’atmosfera della luce che irrompe nel mondo bruciando le
contraddizioni e cicatrizzando le ferite: è un seme sepolto a rivelare la
potenza soteriologica del Cristo rinascente. Tra colori di variopinte farfalle,
suoni di violoncelli e profumo di calicanto si risolleva il mondo dell’abisso
con un Avvento che restituisce all’uomo la sua integrale dignità. Nevio Spadoni
è uno scrittore bilingue che ha creato capolavori sia nella poesia in dialetto
che in quella in lingua: anche questa volta è riuscito a toccare l’acme della
potenza espressiva con il minimo dispiego di mezzi in un testo verticale nella
sua brevità e abissale nella sua profondità che gli è venuto in italiano
perché, come ci ha rivelato, «ci sono argomenti che per loro natura richiedono
una lingua forse più severa e austera del dialetto». In questo testo dalla vibrante
intensità Spadoni ha dato voce a un dolore onnipervasivo che cade in uno
stillicidio di versi brevissimi, spesso di una sola parola scelta con cura
meticolosa e folgorante ispirazione, che approfondiscono in maniera martellante
e penetrante gli occulti ma illuminanti poteri dell’enunciato poetico. Si potrà
ascoltare l’opera nella sua forma recitata il 4 luglio alle 21.30 ai Chiostri
della Biblioteca Classense: lo stesso Spadoni, formidabile lettore dei propri testi,
si esibirà insieme all’attrice Francesca Serra e a un variegato accompagnamento
musicale che spazierà da antifone tardo-medievali ad anonimi canti africani
fino all’esplosiva classicità di Rachmaninoff. Dal lavacro del dolore
risorgerà, per gli spettatori come per i lettori di Anàstasis, intatto nella sua profumata belleza il fiore del deserto
a guaire la deflorata innocenza dell’umanità e la violentata disponibilità
della Terra pronta a ritornare con una metamorfosi spirituale alla sua
ricchezza primigenia.
EMANUELE PALLI
Risvegliatevi
al
profumo
del
calicanto
che
attraversa
ogni
dolore,
che
fende
il
ghiaccio
duro
del
lungo
inverno
Nevio Spadoni