martedì 17 aprile 2012

MANUEL COHEN, SULLA RIVISTA "PUNTO", PARLA DI "SUPERNOVA", DI FABIANO ALBORGHETTI

 

 

 

Fabiano AlborghettiSupernova, L’arcolaio, Forlì, 2011.

(Di Manuel Cohen)

 

Pubblicata sulla rivista IL PUNTO N. 2 / 12 – ALMANACCO DELLA POESIA ITALIANA

                                                          EDIZIONI PUNTOACAPO


 

Una piccola suite di dodici testi inaugura la collana ‘I nuovi gioielli’ diretta da Sebastiano Aglieco per L’arcolaio. A volte basta poco, piccoli libri, per accorgersi della autorevolezza: perché è certo, a prescindere da quello che potrà fare in seguito, che Fabiano Alborghetti possiede un limpido talento. Dopo aver indagato nodi sociali e questioni spinose quali immigrazione, clandestinità, violenza a vario grado, in L’opposta riva (2006) e Registro dei fragili (2009), l’autore licenzia un libro di ambientazione domestica, molto privata, come può esserlo l’insorgenza di una malattia in una persona cara e vicina. Supernova è una silloge di testi brevi, curati e prosciugati quasi, in strutture lapidarie di pochi versi, raccolti in strofe di terzine che si concludono con un verso singolo e caudato: e molto spesso sembrano ottave monche, o comunque strutture di attinenza lirica, registri nuovi per un autore altrimenti riconducibile a una dimensione di parola discorsiva, aperta agli inserti naturalistici e sensibile alla corda comunicativa e sociale. Qui la sensibilità è per il dettaglio emotivo, per gli scarti di pensiero e visione, la bravura sta nel condurre il lettore dentro l’esperienza del male e della degenza, lo fa con garbo, discrezione e con il pudore che si deve a chi ne è vittima: l’immagine di apertura resta fissata nella mente molto a lungo in chi vi si avventura, ed è proprio sull’organo sensoriale della vista che sembra fondarsi la percezione di un universo sensibile e la sua appercezione estetica: «Il panico esplode, irradia / ti ferma: congelata sei ferma / in ascolto della paura // gli occhi fissi come i cervi / di notte, colpiti dai fari. / L’immagine è chiara: // ma il cervo accecato non vede / aspetta qualcosa che non accade. / Ѐ cieco, interrotto // resiste alla fuga o aspetta il momento migliore.»: il male arriva per l’essere umano come la luce accecante arriva per l’animale: una analogia, che sottace la similitudine nel regno animale, e che si estende per traslato alla stessa luce: meccanica e artificiale dei fari dell’auto, e fisica e stellare, ovvero supernova, una esplosione luminosa energetica nell’atmosfera che costituisce lo stadio finale evolutivo delle stelle, e quando accade nella nostra galassia, la scia luminosa è visibile anche dalla terra. Supernova dunque è l’irrompere del male nel corpo ma al contempo rappresenta, apprendo su Wikipedia, l’unico meccanismo naturale conosciuto che dai gas produce gli elementi più pesanti del ferro. Non semplicemente rappresenta l’allegoria di uno stadio terminale, quanto, piuttosto, una allegoresi della vita, e più, del suo rinnovarsi e ricostituirsi in altra, nella consapevolezza del lampo di visione, e nell’esperienza. E poi ci sono gli occhi del cervo terrorizzato: nella storia della poesia non è inusuale l’osservazione del mondo animale per trarre insegnamenti da trasporre nella realtà umana, e in tempi più recenti penso a due poeti che hanno privilegiato tale pratica e che mi pare abbiano un qualche rapporto di contiguità culturale con Alborghetti: mi riferisco a Neri (la farfalla atropo e una natura inoffensiva) e a Pusterla (l’armadillo che caccia l’opossum: la natura ferina e offensiva). In entrambi l’osservazione e il mimetismo naturale sono indicizzazione eziologica della sfera comportamentale umana (antropica ed etnografica). Del terrore, dello spaesamento, degli stadi del male affrontati giorno per giorno, degli umanissimi anticorpi o reazioni, dei farmaci e delle terapie, ci informano i testi che si muovono tra ferialità e allusività di visione, tra concentrazione lessicale e chiarezza espositiva: «Mi sorprende certe sere la tua forza: / quando ridi soprattutto / o se non cerchi. Non più livida // o attenta ai movimenti / per non fare entrare il freddo.». Una parola nitida, marcata da un gusto di raffinata medietà, di controllo tonale e emozionale, una scrittura esatta e acuminata a cui bene si addice il motto di Hoffmanstahl: “la profondità sia nascosta in superficie”.

(Manuel Cohen)



 


 


 


 


 


 


 


 


 

 



martedì 10 aprile 2012

CLAUDIO PAGELLI, IL 14 APRILE P.V., A MILANO, PRESENTA IL SUO "PAPEZ"











Sabato 14, Ore 18.00, Libreria Marea,
Via Pastrengo 5/A (Milano, Quartiere Isola)

CLAUDIO PAGELLI presenta
Il suo ultimo libro
"Papez"

Casa editrice L’arcolaio, 2010