giovedì 1 ottobre 2009

POESIA DEL GIORNO (11)


HANS MAGNUS ENZENSBERGER



Analgesico


Totalmente indolore -

un'ora può durare

o anche qualche decennio,

a seconda. E' stata una fortuna,

per il momento, malgrado...

La fortuna, quest'inevitabile

gigantesca aspirina -

effetti collaterli: niente -

confina con l'indifferenza.

Fa bene, però,

chi passa di qui,

sempre senza dolore,

sente sempre di meno.


**


Normale infelicità


A letto, coperto fino al mento infreddolito,

pensa accanitamente, pensa a lei, a lei,

alle sue unghie, a ogni mezzaluna,

ad altri punti più morbidi di questi

e il suo ginocchio levigato.

Ad altri letti pensa, altre ferocie,

l'ultimo viaggio, a Piacenza era andato,

e come in quella nuda stanza quel suo viso

a un tratto diventava

grigio, frollo, fanciullo, e lei strillava.


Da"PIU' LEGGERI DELL'ARIA" - Giulio Einaudi editore, Torino, pagg.181- traduz. di Anna Maria Carpi.

martedì 29 settembre 2009

LA POESIA DEL GIORNO (10)


JACK HIRSCHMAN



CANZONE DI STRADA


Con un colpo durissimo se n'è andata

portandosi via tutto e lasciando

però tutto in ordine, ma tutto rotto

ridotto a un fatto nuovo. Vecchio.


Vecchio è come ti vedi giovanotto

è la pura e semplice verità della strada

che a percorrerla o ad entrarci devi

comunque pagare un pedaggio.


Cammina dunque con addosso un altro

vestito alla larga dai poeti e vicino

semmai ad affari che sono soltanto

tuoi o forse accanto a un altro uomo


scuro in fondo alla strada dove hai

messo il naso una volta per cinque

minuti ed è buona al massimo per farci

una canzone che parli di niente


o al massimo del ritmo di un sorriso

quando le braghe sono calate fino

alle ginocchia e tu strisci con la bocca

piena di sangue e tutte le casse sul


marciapiede coperto dal lerciume

dell'infanzia non sono che il lerciume

dell'infanzia e tutto questo non è

altro che la scala di Giacobbe


Da "NUOVA POESIA AMERICANA - LOS ANGELES" - A CURA DI LUIGI BALLERINI E PAUL VANGELISTI - MONDADORI EDITORE, MILANO, 2005.

giovedì 24 settembre 2009

LA POESIA DEL GIORNO -9-


DYLAN THOMAS


CERIMONIA DOPO UN BOMBARDAMENTO


I


Me stessi

Coloro che piangono

Piangono

Fra le strade bruciate a instancabile morte

Un bimbo di poche ore

Con la sua bocca che intride

Carbinizzata sul nero petto della tomba

Scavata dalla madre, e le sue braccia in fiamme.


Cominciamo

Col canto

Cantiamo

L'oscurità attizzata e risospinta all'origine

Quando la lingua afferrata annuiva ciecamente,

Una stella era infranta

Nei secoli del bimbo

Che i me stessi ora piangono, e i miracoli non possono

espiare.


Perdona -

Ci perdona -

Ci la tua morte che me stessi i credenti

Possano contenere dentro un grande flutto

Finché zampillerà improviso il sangue,

E come uccello canterà la polvere

Mentre i grani germogliano, e la tua morte cresce nel nostro

cuore.


Gridando

Il tuo morente

Grido,

Bimbo oltre il canto del gallo, lungo la strada

Corrosa dal fuoco cantiamo il mare che trasvola

Nel corpo orbato.

Amore è l'ultima luce parlata. Oh

Germe di figli nei lombi del nero involucro che rimane.



...



Da "Poesie", Ugo Guanda editore, Parma, 1976. Traduzione di Robero Sanesi.

martedì 22 settembre 2009

LA POESIA DEL GIORNO 8


FERNANDO PESSOA



L'immagine è tratta dal sito: http://www.somosportugueses.com/
X

A me dall'alto infinito è toccata
questa vita. Attraverso dense nebbie,
primi fumi del mio stesso eremo,
venni acquistando, e per bizzarri riti


d'ombra e di luce occasionale, e gridi
vaghi da lungi, e sintomi caduchi
di sconosciuto rimpianto, splendori
del divino, quest'esser fosco ed esule...


Cadde pioggia in passati dì ch'io fui.
Ci furon campi d'imminente cielo
e neve su alcunché d'anima e mio.

All'ombra mi narrai, ma non ascoltato.
Oggi mi so il deserto ove Dio tenne
un tempo la dimora dell'oblio...

Non so, nutrice, dove fu,
mai lo saprò...
So che era primavera
e il giardino del re...
(Figlia, chi lo sapesse!...)


Quale e quanto l'azzurro
in quell'azzurro del cielo!
Se la regina non ero,
perché tutto era mio?
(Figlia, chi l'indovina?)


E il giardino aveva fiori
che non so ricordare...
Fiori in tanti colori...
Penso e mi fermo a piangere...
(Figlia, i sogni sono dolori...)


Sarà che arrivi un bel giorno
un qualcosa a far sì
che quell'intera gioia
nasca più gioia
(Figlia, il resto è morire...)


Narrami favole, nutrice...
Tutte le favole sono
quel giorno, e il giardino e la dama
che fui in tale solitudine...


Sùbita mano di un fantama occulto
mi scuote fra le pieghe della notte
e del mio sonno e, desto, nell'arbitrio
della notte non scorgo gesto o volto.


Pure un terrore antico, che insepolto
porto nel cuore, come da alto trono
scende e s'afferma mio signore e padrone
senza comando, né maneggio o insulto.


E sento la mia vita di repente
legata da una corda d'Incosciente
a una mano notturna che mi guida.


Non mi sento nessuno salvo un'ombra
di figura non vista e che stupisce,
e in nulla esisto come fredda tenebra.



Da "Stazioni della Via Crucis", da "Poesie scelte", ed. Passigli, a cura di Luigi Panarese.

lunedì 21 settembre 2009

LA POESIA DEL GIORNO 7


GIUSEPPE PICCOLI (1949-1987)



Baci. Ma nell'aria c'è una

malattia dell'Essere: la chiami

noia per ripetermi e quindi

evadere ogni possibilità di offesa.

La chiamo "mondo" e, rinnovandomi,

c'è questa splendida facoltà di intesa.


*


Il figlio e il dio sono sospetti:

l'ateo del sentmento naturale

scopre errori di cifra: si confida

l'amico penitente, chiede un aureo consiglio.

Ma il viaggiatore conclusivo che l'asolta,

non l'attende, e si muta nell'anonima gente.


*


Separàti da un muro, l'idiota

e l'angelo scrivono lo stesso poema,

per venticinque anni, con grazia

di arguzie e senno squisitamente

demoniaco. E la stessa farfalla

entra ed esce, per ricapitolare

la storia dei suoi voli: ma quelle

folte rase sopracciglia dell'idiota...

e quel verso di gufo

che gli angeli atterrisce...


*


Perché la grazia sia verde,

e sia verde il contagio, avvicìnati:

io splamo di olio le tue mani.

E per andare lontano, più lungi,

sarò amante del dolore cristiano.



Da "Fratello poeta", edizione Mondadori dell'antologia Cucchi-Giovanardi, "Poeti italiani el Secondo Novecento", vol.II.

sabato 19 settembre 2009

LA POESIA DEL GIORNO 6



FRANCESCO LEONETTI





Contro l'io televisionario








Vi vedo oh re d'industrie come in un quadro antico e so che vivi siete vivi siete e fossi ladro in processione e schiera presso di voi oh grande corte nella morte nera con sgarbi e zeri ma si sceglie l'iper ognuno col suo pulsante e un altro e un altro avanti né il fare serve più e liberi per il mondo alla masturbazione astratta andiamo tramite l'ebbro nervo divenuto servo dell'emissione di colore nero in ogni mente per viluppo umano.








Da "Le scritte sconfinate", Libri Scheiwiller, Milano 1994, pagg. 120

(la foto ritrae il poeta sul set del film "Edipo re", di P.P.Pasolini - 1967)

venerdì 18 settembre 2009

LA POSIA DEL GIORNO 5


MARIO BENEDETTI



E' di settembre questa luce, vale tanto dirlo

nel pomeriggio che non è stato di nessuno, senza sosta caldo.


Il giorno che si apriva ad aiutare,

il vino che si dava, come qualcosa del giorno per farlo di più.


Ma tante cose che non riempiono la strada

sono nascoste da qualche parte come a soffrire.


Vorrei fino a dicembre conservare il taccuino del babbo,

con le cinquecento lire di carta,

tenerlo il venerdì tra i tanti soldi del mercato e tutta quella frutta.


Vorrei dire ancora la tosse e il freddo in quella camera larga,

e la piccola sedia vicino alla cucina economica,

la piccola sedia sotto il corpo del babbo.



Da "Umana gloria", Mondadori editore, Milano, 2004, pagg.118

giovedì 17 settembre 2009


PAUL CELAN


Che voce ha, ciò che hai?

La verdevoce dietro

il municipio a Copenaghen.

Con ogni forbice

taglia sette diavoli

in sette volte dieci grassi

pensieri.


Quando vieni volando, senza anima,

mi rimani fedele.

Il mio ultimo

immarcescibile dente

ti ringrazia in danese. Anch'esso

nuotava all'in giù il Sund della fame,

anch'esso

ardeva come il dodici volte

dai passeri trasvolato dilà.



Da "Sotto il tiro dei presagi", Giulio Einaudi editre, Torino,, 2001, pagg.470, trad. di Michele Ranchetti e Jutta Leskien.

mercoledì 16 settembre 2009

POESIA DEL GIORNO 2


VIAGGIO AL PORTO


I


Un muro, una selva di città.

Il rifiuto d'ogni uomo plausibile

che sbarri la via ad una rivolta

per sempre al contrario delle cose.

Banchine assaltate in profondo,

lontananz non è splendore

se l'ultima nave non si aspetta,

se altro ancora salperà domani.

La gloria che arride di continuo:

una sarabanda di pietà

tutta urlante alla mossa che risolve

e il giustiziere che ci fulminerà -

con una spada d'aria, in silenzio.


II


E' un teatro la via tra imbonitori,

cupi strilloni dalla faccia amara,

e la gioia ora appare d'improvviso

in un volto scolpito nel clamore.

Corre il cuore al riposo, all'abbandono,

vola all'imo dove è sangue e ferita,

al caldo seno della città materna,

vuole perdersi in quel guizzo d'amore.

Cerca strade di urla e di comete,

solo strade di mura e parietarie,

di dolore che ci invera, una terra

dove la strada è tutto. E il sole

che dentro portate sarà il solco

dove, senza infrangersi, rifiorirà,

troppo a lungo lontana, la vita.


III


Ma il dolore mi coglie di soppiatto,

e dice che ogni cosa sarà vera,

che al rondone ridonerà il suo nome

l'uomo nuovo dalla melma rinato.

Un volto metà ombra e metà sole

è ancora un volto intero, e più non so

se l'uomo a me sfuggente nella rada

sono io che muoio al tempo e al suo candore.

Qui di me si decide. Travalica

il selciato, si rialza sotto il passo,

si combatte nella pozza lucente

dove ognuno resta vinto senza orrore,

spariscono quartieri nell'arsura

di una sete che non ha fonte perenne.

Ma anch'io saprò risplendere e sparire,

essere senza essere, e di voi

senza più ali, senza più conoscere,

saprò dove discendre la strada

per rincontrarvi ancora.


STELVIO DI SPIGNO (Da "MATTINALE", Caramanica Editore, 2006, pagg. 104)

martedì 15 settembre 2009

UNA POESIA AL GIORNO 1

INCONTRO

Tra noi è apparso, biondo, un viottolo
di colombi e acacie, di rosee sere,
di lune vergini sulle torbe e di albe
a crini di rugiada. Già un passo s'è perso
ed è come la farfalla che canta dal fogliame,
il bruco che torna abbandono, né erba
né pelle né caviccioli di pipistrelli.

ROBERTO BERTOLDO Burolo (To)

Un angolo per me


Questo spazio è tutto per me.

La frequenza delle pubblicazioni non sarà regolare, tutt'altro.

Ricerco, da oggi, una minima esigenza di curare il me medesimo. Bast poco, una riflessione, un verso.

Ringrazio sin da oggi coloro i quali vorranno venire da me, fosse solo per un caffè.

A tutti dico, navighiamo insieme.

Gianfri