CINO PEDRELLI, La giostra, a cura di Luigi Riceputi, Forlì, L’arcolaio,
2013, pp. 235, euro 15.
Articolo di Viola Talentoni apparso sulla rivista LA PIÈ, Giugno 2015.
Avevamo
conosciuto Cino Pedrelli notaio, studioso di Renato Serra: un uomo serio,
gentile, dal parlare misurato e controllato. Leggere questo suo libro di poesie
è stata una rivelazione: amorosamente raccolto e diviso in capitoli dalla
figlia Lia, ci narra la storia di una vita ricca, piena di sentimento e di
intelligenza, ma soprattutto di amore: amore per la famiglia, la moglie, i
figli, gli amici, la natura, le piante; amore per la vita ma anche rammarico e
una calma disperazione per le ingiustizie e la follia della vita stessa e degli
uomini. Lancinanti, a proposito, gli ultimi versi di Alèrum a Furlé. Allarme a Forlì: nel campanile di San Mercuriale,
insieme agli sfollati, c’è un rondone, che se ne infischia dei bombardamenti e
delle guerre, ma fa la sua guerra alle mosche, per portarle nel becco ancora
vive e vibranti ai suoi rondinini affamati: “E sempar guèra, int sta canaja ad
mond”. O quando l’amico ebreo partì per il campo di concentramento, e lui
cercava di fargli coraggio: “Da qué e tri mis a sì d’arnov aquè. / Giorgio u m’
guardeva cun una gran chèlma: / No, nun a’ n’turnam piò. / Ecco. I n’è turnè
piò nessun di tri”.
Il
dialetto è sempre usato per incidere meglio, per esprimere con brevi e scarne
parole il pudore dei sentimenti e delle ferite dell’anima. Molto bella e
pervasa finalmente di serenità l’è passè
e’ front. La guerra è finita, si inizia a riparare le finestre, il primo
aratro ha ricominciato a lavorare la terra. Non si ha il coraggio, ancora, di
sentirsi felici, con la terra ancora fresca sopra i morti. Ma presto verrà il
tempo “che totta la campagna la s’infiora; / temp ad cantè a la stesa, o
zarladora. / Fontanella de cor, chènta pien pien”.
Struggenti
le poesie d’amore per la moglie, per i suoi bambini, per i genitori. Gli
affetti familiari così importanti, a cui il poeta dedica versi sempre misurati
e raccolti. Esemplare E’ temporél,
nel ricordo della famiglia quando, lui ancora bambino, ci si riuniva in casa per
un temporale improvviso: “Alora a s’ardusami tott in ca’ / […] Tott insen, tott
insen. E a me u’ m’pareva / ch’a s’vléssum – cum’ ò i da dì? - /nenca piò ben”.
E
infine l’ultima lirica, bellissima, In
èlt in èlt. I rondoni volano in gruppo compatto verso paesi caldi al di là
del mare, e l’autore li guarda chiedendosi dove trovano la forza di un viaggio
così lungo. Eppure… “Ach invigia pr’ e’ chèp / ch’u i cundus: / e’ piò fort, e
piò brèv, / quellch’u n’sbaja mai”. Ma è bello anche essere uno di loro, per
non dover decidere: lasciarsi guidare, essere tutti insieme, avere tanta
fiducia. Il libro è corredato da una colta introduzione dell’amico Luigi
Riceputi e una prefazione della figlia Lia. Gradita, infine, l’elegante veste tipografica
curata dalla giovane casa editrice L’arcolaio di Gianfranco Fabbri.
VIOLA TALENTONI