martedì 10 novembre 2015

ESCE OGGI "POESIE DOPO LA FESTA" DEL GENOVESE ALESSANDRO MANTOVANI.











 
Esce oggi il primo libro di Alessandro Mantovani, un giovane autore genovese che studia Lettere alla facoltà di Bologna.
Per essere bene introdotti alla lettura dei suoi versi, leggiamo la scheda critica del professore Alberto Bertoni. Lo scritto, in realtà, è stato posto in quarta di copertina del volume, ma è altrettanto utile leggerlo come efficace presentazione.
Eccolo, qui di seguito:

«Se vivessimo in un’altra epoca, Alessandro Mantovani sarebbe un poeta epico. Dal momento però che nella nostra, di epoche, il ruolo dell’epos se l’è preso il romanzo (o almeno ci si è provato), egli sigla questo esordio già ragguardevole e maturo con uno spiccato anelito narrativo. Così, i processi di oggettivazione cui l’autore – un genovese trapiantato a Bologna per studiare Lettere – obbliga con sicura tecnica metrica e prosodica i suoi luoghi, i suoi tempi e le sue “persone” grammaticali riescono a imbrigliare e a contenere le pulsioni istintive a un’autobiografia talora fin troppo (auto)analitica. Infatti: “Ma io sono anche fuori,/ scendo come la notte, cambio i colori / e scrivo del gusto che è rovesciare/ ruzzolare precipitare”. Peculiarità positiva e tutta personale di una simile poesia è la capacità di intrecciare suggestioni, toni, vocaboli tratti da registri linguistici e retorici diversi: e il gioco si compie felicemente soprattutto in paradigmi testuali come Via Genova o Lettera d’amore. Non c’è dubbio che, a contrappeso di poesie a volte troppo folte di lemmi ricercati e impegnativi (tra preziosismi del lessico, arcaismi, fusioni di astratti e di concreti, talora neologismi), Mantovani goda di un indubbio esprit de finesse, non di rado risuonante di echi latini e liguri (fra Sbarbaro e Montale, soprattutto)».

ALBERTO BERTONI

Ecco adesso riportati alcuni testi di Mantovani:

da Lettere Portoghesi

A Vida Em Movimento

È un sabato sera che forse no,
è un giorno anzi una notte
e non mi sconvolge
quest’indecisione
che centrifuga la realtà.
Tra bicchieri appesi al soffitto
(apparecchi fonici per la sordità
dei sogni che preghiamo sentano)
quattro tacchi di tango
e del vino colato;
ci rubano i soldi e anche la vita
(chiodo spuntato, non fisso al muro)
spezzata tra i flutti
del nostro Oceano personale.
La memoria si strappa a brani
il tempo ci inganna tutti
e allora cantiamo almeno la gloria
prima che venga deglutita.
Qui trovati ora come da una vita
ridiamo della ruggine sulle maglie
della prigione
– e un altro giro
sotto la torre dei Chierici
ci rammenta la grandezza
di quando battiamo a piede libero
questo suolo sfiorito
ed il resistere alle lamiere
che ci tagliano le vene.
– e un altro giro
e ribolliamo di ideali
che basterebbero se solo ognuno
non anelasse con le fauci
ad un infinito che hanno detto
non esserci per noi.
– e un altro giro
dove partecipiamo del nostro buio
collettivo, riflusso di
cuori assetati, minuti afferrati
per la coda e cieli di stelle perduti.
– e un altro giro
e suggiamo un succo puro
dalle radici della vita, che spande
le forze nella bufera della notte.
– e un altro giro
andiamo oltre il ponte che ci separa
dal prossimo drago, dalla nuova storia:
pensiamo a cuore libero
e percuotiamo con forza
le nostre mani sulle spalle del destino.
Oltre il ponte mille lettere da colare
negli abissi di chi incontreremo perché
nessuno può esimersi dal vivere.

**

da  Morfologia & Sintassi

Via Genova

Sotto la torre degli Asinelli, Bologna.
Mi incrocia opposto il 27
la scritta elettrica pedestre recita “Via Genova”
e allora come su vettori che non conosco
sono in una strada verde a Sant’Eusebio5
o ancor più fuori la città,
colline al fondo della Val Fontanabuona.
– Il fantasma di mio nonno
ancora intento a sostituire
la catena della moto, slittante
nel cambio della marcia, mi guarda
con l’aria colpevole e un po’ triste
di chi sa essere mancato
ad un impegno prefissato.
Forse non lo riconosco, ma chiedo
– Via Genova? –
è indeciso all’incrocio e non ricorda,
non gli importa di tornare e si scherma
malamente con disimpegno.
– Poi sotto le torri, il clacson dell’autista
mi chiede interrogativi
anche lui di Genova o del nonno,
forse è un meccanico di motocicli,
un angelo in taxi qui
per riportarci tutti a casa;
ma io non ho risposte da elargire
il semaforo invita a non passare
e da molto ho scordato ogni direzione.



5) Quartiere collinare di Genova; la Val Fontanabuona è situata
nell'entroterra Ligure.

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Da  Piovane

Piovane 6

Plic

Sotto l’albero (in)dipendenze
i rami neofiti
di generazioni allungate
ombreggiavano luci;
la tovaglia (in)quadrata, i corpi ammollati
al torpore delle foglie staticizzate.
Il sole terico7 incuriosiva nel guardare
quell’amore coltivato a muscoli
inesperti, bovari inaspettati
per la mandria della vita.
– Il lavoro mi manda sei mesi in Pianura–
esordisce lui, mortolento
ed è poi lo sciorinare mordicchioso
delle paure osteorosive
il pianto di lei.
– Ma no, non piangere – la assale
delicatamente, ercolico e benigno
– il tempo invecchia facilmente
come acqua passa lieve.
Tu non versar lacrime per fecondare
queste zolle dissodande;
a quel compito penseranno altri,
ciò che è nostro non gettiamo alla terra.-
Fu poi al termine del discorso ottimizzatore
che comparve una nube
silenziabonda e insospettabile,
e sulle palme aperte che lei fissava,
come quelle di chi confessa pentificato,
come di chi accetta la grazia cristologizzato,
cadde la prima goccia,
antica di apocalisse.

6  Le poesie Piovane sono frammenti di una storia tra un Lui e una
Lei irrimediabilmente separati per cause ignote in uno stato, in cui
forse il governo è una dittatura e in cui, di certo, piove sempre.
Questo primo componimento ne è il preludio.
7 –  “Primaverile”, da “theros” (= “stagione calda”) in Greco.

lunedì 9 novembre 2015

SABATO, ALLA BIBLIOTECA COMUNALE DI FORLI, PRESENTAZIONE DEL LIBRO "ANMARCURD" DI GIOVANNI NADIANI










 
EVENTO PROMOSSO DAL CENTRO CULTURALE L'ORTICA DI FORLI 
CON IL PATROCINIO DEL COMUNE DI FORLI
BIBLIOTECA COMUNALE "A. SAFFI" 
                              


INCONTRI CULTURALI IN BIBLIOTECA A. SAFFI
C.so della Repubblica n. 72 – Forlì


SABATO 14 NOVEMBRE CON IL POETA GIOVANNI NADIANI!
   
Continuano gli incontri culturali promossi dal Centro Culturale L’Ortica in collaborazione con la Biblioteca A. Saffi di Forlì. Sabato 14 Novembre 2015, ore 16,30:ANmarcurd” di Giovanni Nadiani, prefazione di Alberto Bertoni (Ed. L’Arcolaio di  Forlì); Conversazione con Davide Argnani – coordina Giorgio Casadei Turroni.
L’originalità del Nadiani-poeta prende le mosse da una necessità primaria di antiidillio: e nel suo dialetto di Cotignola di Ravenna egli fa da sempre confluire tutte le tensioni di una realtà degradata e contradditoria, quella del nostro presente globalizzato pieno di infamie antropologiche non meno che politiche; oltre che di futilità commerciali e pseudoeconomiche, osservate dalla prospettiva marginale di una provincia assimilata con velocità sempre più vertiginosa ai vizi e ai vezzi di un Occidente allo sbando deserto di memoria e di punti di riferimento.
Giovanni Nadiani è un autore che ha fatto del dialetto romagnolo un fertile laboratorio di ricerca linguistica nel quale unisce alle forme espressive tradizionali del vernacolo una felicissima vena, se così si può dire, di linguaggio dialettale unito a soluzioni inedite là dove l’autore abbassa il suo dire (della vita quotidiana) e lo mescola con la vocazione più lirica, tipica dei vecchi autori romagnoli. Giovanni Nadiani è l’interprete più ragguardevole della generazione nata negli anni cinquanta. Tra le sue opere principali ricordiamo “e' sech" (La siccità), del 1989, "TIR" (1994) e"Guardrail" (2012). É anche autore di prose brevi e traduttore attivissimo. Scrive pure per il teatro e il cabaret.
Giovanni Nadiani è nato nel 1954 a Cassanigo di Cotignola e vive a Reda di Faenza. Docente presso l’Università di Bologna sede di Forlì, ha iniziato a pubblicare i suoi libri a metà degli anni ‘80, in prosa e in poesia. Della sua opera si sono interessati i maggiori critici italiani e stranieri e ha vinto importanti premi di poesia come il ‘Premio Pascoli’ e ‘Biagio Marin’; è stato premiato in Campidoglio per il concorso “Salva la tua lingua locale”. Al suo attivo ha numerosi CD cabarettistici e poetico-musicali, in collaborazione con la band blue-jazz Faxtet, e spettacoli teatrali insieme allo scomparso e noto musicista ed editore Guido Leotta.


Per info: Biblioteca «A. Saffi –Forlì» - C.so della Repubblica n. 78, Tel. 0543/712608-712601 – Centro Culturale L’Ortica Forlì: Tel. 0543/092569

martedì 3 novembre 2015

UN FRAMMENTO DELLA PREFAZIONE DI DAVIDE CASTIGLIONE AL LIBRO DI ANDREA LABATE, "LA RESA DEL MARGINE"







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Andrea LabatePrefazione aLa resa del margine” (Arcolaio 2015)




articolo di davide castiglione


Pubblicato il novembre 2, 2015


[Andrea Labate, un autore mio coetaneo che ho conosciuto prima tramite il concorso Pubblica con noi di Fara editrice (la sua fu una delle poche sillogi del concorso a colpirmi) e che poi mi ha mandato alcuni suoi testi per Laboratorio in differita, ha pubblicato la sua opera prima La resa del margine per la casa editrice Arcolaio di Gianfranco Fabbri, che sta emergendo come una delle più pregevoli realtà della piccola editoria di poesia in Italia, con una lista di autori di sicuro valore (mi limito ad alcuni nomi che conosco abbastanza bene: Biagio Cepollaro, Stefano Guglielmin, Giacomo CerraiGianluca D'Andrea, Lorenzo Mari...). Qui sotto trovate parte della mia prefazione (leggibile per intero al sito La costruzione del verso) e alcuni tra gli inediti che Andrea ha gentilmente voluto concedermi, e che si pongono in linea di continuità, mi pare, con le poesie contenute nel libro. Buona lettura.]

Dalla prefazione
“Ci sono autori in cui il talento – per quanto non sempre affrancato dai modelli di cui si è nutrito – non può fare a meno di offrirsi alla lettura con naturalezza, quasi con grazia. Andrea Labate mi sembra essere tra questi. Me ne resi conto, e glielo scrissi, valutando un paio di anni fa per un concorso un mannello di suoi testi, e in seguito in una nota privata dove ne approfondivo tre che sarebbero confluiti in questa opera prima e già matura, La resa del margine.
Qual è il margine che si arrende o che viene reso, consegnato? È una zona periferica e simbolica dove avviene di continuo la transazione io-mondo, declinata talora come disponibilità all’altro (“c’è un vento leggero che ci avvicina”, Giù) talaltra come ferita e sconfitta. C’è certamente una faglia, una lacerazione dalle molte incarnazioni testuali – è lì che si situa il margine. Leggiamo infatti, fra altri esempi possibili, di un “muro di stagnola che separa i passi soffocati dalle metropolitane” (Vorrei fare un tentativo ma ho trovato un posto di lavoro), di un “confine” in Parallelismi e di “ferri a bisettrice nella pancia” in Preparazione: il margine si sta colmando; fino allo “sbrego” dell’ultima poesia (Sdì è un nome che non riesco a immaginare) che va “premuto con le dita, fino a saturazione”.
Scrivere, del resto, è tessere (testo = textus, tessuto), cucire, curare: non è forse un caso che il testo d’apertura alluda a una malattia e a un malessere difficili da articolare:

La terra è sparsa sulle diagonali 
racimola un contagio familiare. 
L’aquila in cielo non spaventa le nuvole.
Fuori è un impatto d’afa, chiodano 
il bronzo scaduto agli edifici fatiscenti 
nel pomeriggio stanco che svapora.
Se ne va, l’alone tarantola le garze 
il letto è scomodo, la morfina 
fa il suo giro.

A conferma della riuscita del testo, è utile soffermarsi sul-l’ambivalenza di “contagio familiare” (contagio usuale, o relativo a un membro della famiglia?), sui correlativi oggettivi di un probabile malato (“edifici fatiscenti”, “pomeriggio stanco che svapora”), sull’anonimità del referente (chi è che “se ne va”?) o sulla violenza agentiva dell’alone che “tarantola le garze”, con scelta di verbo dinamico, espressionista. O ancora sul ritmo petroso e preciso dei versi, sul contrasto tra la solidità della struttura e l’opacità inquietante della scena allusa. Tale procedere netto, dichiarativo, cui si accompagna un gusto per lo straniamento dell’immagine, è una costante del libro